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GHIRARDELLI Cornelio (?- 1637)

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CEFALOGIA FISONOMICA DIVISA IN DIECI DECHE, DOVE CONFORME A DOCUMENTI D'ARISTOTILE, E D'ALTRI FILOSOFI NATURALI, CON BREVI DISCORSI, E DILIGENTI OSSERVATIONI SI ESAMINANO LE FISIONOMIE DI CENTO TESTE HUMANE CHE INTAGLIATE SI VEDONO IN QUEST'OPERA...ET ADDITIONI A CIASCUN DISCORSO DELL'INQUIETO ACADEMICO VESPERTINO.

Specifiche

  • Autore:

    GHIRARDELLI Cornelio (?- 1637)

  • Titolo:

    CEFALOGIA FISONOMICA DIVISA IN DIECI DECHE, DOVE CONFORME A DOCUMENTI D'ARISTOTILE, E D'ALTRI FILOSOFI NATURALI, CON BREVI DISCORSI, E DILIGENTI OSSERVATIONI SI ESAMINANO LE FISIONOMIE DI CENTO TESTE HUMANE CHE INTAGLIATE SI VEDONO IN QUEST'OPERA...ET ADDITIONI A CIASCUN DISCORSO DELL'INQUIETO ACADEMICO VESPERTINO.

  • Luogo: BOLOGNA
  • Editore: HEREDI EVANGELISTA DOZZA
  • Data: (al colophon, 1630)
  • Formato: In-4� (mm 225x154)
  • Cfr. Bibliografico: Cfr. Vinciana 2189; Riccardi I, 38; Caillet, 4514;

Prezzo: € 700,00



Descrizione prodotto

Legatura coeva in piena pergamena con tracce di titolo manoscritto al dorso. Elegante frontespizio figurato a firma di Jérôme David con titolo all'interno di elaborata edicola architettonica figurata; 12 pagine non numerate, 1 bel  ritratto dell'autore inciso  a piena pagina fuori testo; 628 pagine numerate con, all'interno, 100 incisioni silografiche raffiguranti ritratti a mezzo busto; 20 pagine non numerate per indici e colophon.  I ritratti di pag. 181 e 475 con altro ritratto sovrapposto a correzione. Prima edizione. Cfr. Treccani "Nella nutrita serie di opere del G., senza dubbio il trattato più importante e impegnativo è la Cefalogia fisonomica. Come lo stesso G. racconta, il progetto iniziale prevedeva che l'opera fosse destinata esclusivamente alla circolazione interna all'Accademia dei Vespertini. Dopo varie pressioni, fu presa però la decisione di darla alle stampe e uscì a Bologna nel 1630 e con l'imprimatur di Girolamo Onofrio, professore all'Università di Bologna dal 1613 al 1639 e consultor Inquisitionis al servizio dell'inquisitore Paolo de Garrexio. La presenza di G. Onofrio era opportuna garanzia, in un momento di crescente diffidenza da parte delle autorità religiose verso le arti divinatorie che, come è noto, sfocerà nella condanna ufficiale con il motu proprio di Urbano VIII del 1631. D'altro canto, come è stato rilevato da G. Aquilecchia, il G. si muoveva in tale ambito con ben dosata cautela riguardo agli aspetti più rischiosi della tradizione fisiognomica, dichiarandosi per esempio del tutto contrario a dare fondamento filosofico all'arte etoposcopica, ovvero il trarre presagi dai segni del viso, guardata con particolare sospetto dal S. Uffizio. L'opera è un corposo volume in quarto, di circa seicento pagine, suddiviso in dieci deche. Ogni deca, a sua volta divisa in dieci discorsi, è dedicata a un carattere fisiognomonico della testa (nell'ordine: capelli, fronte, sopracciglia, occhi, naso, bocca, mento, orecchie, faccia, capo). Ogni discorso rispetta una precisa struttura: dapprima il ritratto della testa seguito da un sonetto, poi il Discorso del G. medesimo, il Parere de' scrittori, infine l'Additione a cura di un membro dell'Accademia dei Vespertini, identificato con lo pseudonimo di Inquieto, presentato come "singolarissimo amico". L'ultimo discorso di ogni deca è dedicato a un tipo fisiognomonico femminile. L'opera è altresì un'eloquente testimonianza delle vaste letture e della non disprezzabile rete di contatti culturali intessuta dal Ghirardelli. Gli autori della classicità greca e latina sono fittamente presenti, e continuo è il rimando ad Aristotele (soprattutto per il De physiognomia, che gli è attribuito), a Polemone, Michele Scoto, Alberto Magno, Girolamo Cardano, Luca Gaurico, Paolo Pincio, Giovan Battista Della Porta, Angelo Ingegneri, Guglielmo Gratarol, e anche ad autori moderni non di ambito scientifico, come Torquato Tasso e Gabriele Paleotti. Esemplare in discrete condizioni, a pagina 116, una lacerazione in fase di stampa al centro della pagina, richiusa; traforazione di tarlo, al margine inferiore lontano dal testo, da pag. 307 a pagina 380; altra traforazione, più vistosa, all'interno del margine inferiore da pagina 325 a pagina 353, lontano dal testo; altrimenti buona copia. (al colophon, 1630)



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